I soliti noti

Roberto Beccantini4 aprile 2015

Non è stato facile, e questo rende onore all’organizzazione che Sarri ha soffiato nell’Empoli. Hanno deciso Tevez (un gol e la metà di quello di Pereyra) e Buffon (due grandi parate su Pucciarelli). Il miglior cannoniere, il miglior portiere. La Juventus si è aggiudicata il primo tempo, gli avversarsi il secondo. Non so se, in rapporto alla mistica della coralità, diventi un problema il fatto che, alla fine della giostra, risolvano sempre i soliti noti: di sicuro, non per chi li paga.

Lo scarto è obeso. L’Empoli, che ha chiuso in dieci, se l’è giocata come sa: al guinzaglio di Valdifiori, non ha mai rinunciato ad attaccare. L’allenatore molto può, ma poi entra in scena la stoffa dei singoli. Allegri aveva fuori quasi tutto il centrocampo (Marchisio, Pirlo, Pogba): in assenza di un regista classico, l’ordine era di stanare l’Empoli con i cambi di campo, le sponde di Llorente e il tremendismo dell’Apache.

Lascio ai maniaci delle moviole l’autopsia del tocco di Rugani. Preferisco parlare della fame, che le vittorie non placano, e del gioco, per metà gara all’altezza delle ambizioni. La Juventus, «questa» Juventus, ha un altro pregio: può flettere, ma sa soffrire. E l’ha fatto anche questa volta. Operai come Padoin e Sturaro si sono calati nella parte con un’umiltà capace di mascherare il distacco dai titolari.

Quarto successo consecutivo (1-0 Sassuolo, 1-0 Palermo, 1-0 Genoa, 2-0 Empoli), ventesima partita senza sconfitte. Il quarto scudetto è ormai in ghiaccio, anche se a Parma non sarà facile: la squadra di Donadoni ha bloccato l’Inter a San Siro. La Fiorentina di Coppa Italia (da 1-2) e il Monaco nei quarti di Champions costituiscono i traguardi più immediati, più saporiti. Le gambe girano, ma è chiaro che Pirlo e c. farebbero molto comodo.

Buona Pasqua a tutti voi, alle vostre famiglie e alle vostre squadre.

L’impaziente italiano

Roberto Beccantini31 marzo 2015

Lo so, il passaggio dalla storia alla cronaca può essere brusco, e lo è stato anche questa sera, ma le partite tra Italia e Inghilterra non sono mai tirate d’oppio. L’amichevole che, a Torino, suggellava la doppietta azzurra di fine marzo, ha offerto un altro pareggio: 2-2 a Sofia, 1-1 allo Juventus Stadium.

Non mi sono annoiato. Conte sta raschiando il fondo del convento, in attesa di dare i voti e tirare le somme. Siamo nel gruppo ai piedi del podio – in Europa, almeno – senza più quella generazione d’oro che ci permise d’eccellere. Non che i pazienti inglesi stiano molto meglio, ma nel caso specifico la rimonta l’hanno forgiata i cambi: e più dell’autore (Townsend), il ventunenne Ross Barkley, un toro con un paio di violini al posto delle corna.

Tanto per dire: mai vinto in Bulgaria, neppure quando eravamo i re. Qui e là, sono affiorati pezzi della scuola contiana, morsi di pressing avanzato, ribaltoni sulle ali, sprazzi di velocità. Il gol è stato classico nel sigillo (colpo di testa di Pellè), meno nell’incipit (cross di Chiellini, ma di destro).

Mi sono piaciuti Eder e Valdifiori, al debutto assoluto, Ranocchia e Chiellini, Darmian e Buffon. Il battesimo di Vazquez si è consumato quando ormai le pile erano scariche. Di respiro salgariano  il duello tra Buffon e Rooney: una traversa e due belle parate. Perché sì, poteva vincere l’Italia (alla fine, con Antonelli) ma potevano vincere anche i leoncini di Hodgson.

Storicamente, i maestri sono fermi al titolo mondiale (casalingo) del 1966. Troppo poco, in rapporto ai crediti accumulati in qualità di padri fondatori. Nemmeno la covata dei Beckham, Lampard e Gerrard ha fatto breccia nelle gerarchie. Come se mancasse sempre qualcosa, qualcuno: il portiere, quando la difesa era un bunker; un attaccante di peso, quando spopolava il centrocampo; una mezzala di talento, dopo l’esplosione di Rooney; e così via.
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Les lesions dangereuses

Roberto Beccantini28 marzo 2015

Bulgaria-Italia passerà alla storia, non tanto per il bellissimo gol con cui il brasiliano Eder ha salvato una brutta Italia, quanto per lo strano caso del dottor Castellacci e del signor Marchisio. Nemmeno ai tempi d’oro del Milan Lab, una lesione subtotale del legamento crociato anteriore del ginocchio destro, paragonabile a uno tsunami, sarebbe stato declassato, nel giro di poche ore, a brezzolina primaverile.

Robert Louis Stevenson si era fermato al doctor Jekyll e mister Hyde. E già gli era sembrato – e a noi, leggendolo, pure – di essere in anticipo sui tempi (di recupero?). Leggo che Marchisio potrebbe giocare addirittura sabato 4 aprile con l’Empoli. Ne prendo atto: resta uno dei più grandi misteri che neppure Ippocrate, sul quale deduco che anche Castellacci abbia giurato, avrebbe potuto sbrogliare.

La partita, adesso. Le vigilie, ad Antonio Conte, piacciono così: polvere da sparo, più che polvere di stelle. Caccia grossa ai nemici (con un occhio di riguardo, da venerdì, alle diagnosi dello staff medico). I bulgari hanno giocato come giocavamo noi una volta: difesa e contropiede. Noi abbiamo giocato come vediamo giocare gli altri in televisione. Abbiamo sequestrato il primo quarto d’ora e l’ultimo. Immobile si è mangiato due gol all’inizio, Gabbiadini uno alla fine. Senza hybris, le squadre di Conte sono spaghetti scotti.

Se l’autorete di Minev è stata trovata perché cercata, è stato gravissimo concedere a Popov e Micanski due gol in sei minuti; ed entrambi, su ripartenze. Sul primo, si è fatto uccellare Bonucci; sul secondo, Barzagli. Al netto del filtro, e degli stranieri di supporto, la BBC juventina (Barzagli, Bonucci, Chiellini) non mi è parsa la corazza che in campionato ha spaccato teste e classifiche.
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